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Cibo e Psiche: una ricetta di emozioni.

Uno non può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non ha mangiato bene. (Virginia Woolf)

Oggi (e in particolare nella nostra cultura mediterranea) il cibo non è soltanto vissuto come fonte di nutrimento, ma è uno strumento utile alla socialità, alla comunicazione, al benessere. Basta pensare alle numerose trasmissioni che hanno come oggetto la cucina (pubblicità, gare per cuochi, ecc.. ) e ci accorgiamo da subito come il cibo sia spesso il protagonista dello spettacolo.

A livello sociale e relazionale, poi, il cibo è estremamente importante: mangiare una pizza con gli amici o invitare una persona cara al ristorante in occasione di un’importante evento, sono solo alcuni esempi in cui il cibo si dimostra essere il contesto ideale per condividere qualcosa di speciale. Spesso un pranzo o una cena può essere l’unico momento in cui si incontra qualcuno, in cui ci si può prendere una pausa dal lavoro, in cui si può finalmente fare quattro chiacchiere. Cucinare, poi, per alcune persone è un vero e proprio strumento “terapeutico” poiché si può mostrare la propria creatività inventando una ricetta, si può costruire un piatto a partire da zero seguendo la ricetta di qualcun altro, si può fare un regalo o dedicare un’attenzione a qualcuno a cui si vuole bene. Il cibo, insomma, è spesso usato come strumento relazionale, ed è sovente associato a momenti piacevoli e ad emozioni piacevoli come la gioia e l’allegria, con sè stessi e con gli altri.

Per alcune persone, però, il cibo non è un pensiero così sereno. Alcuni di noi si trovano a combattere quotidianamente contro la fame e l’alimentazione. Siamo bombardati anche dai media che ci propongono uno standard di bellezza paradossale, fatto di donne e uomini magri, muscolosi e felici che sembrano abbuffarsi e non ingrassare mai. Tanti per cui lottano costantemente con il proprio peso corporeo, cercando di combattere la fame e trovare un loro benessere interiore seguendo diete, facendo attività sportiva e ottenendo magari scarsi risultati. In realtà non basta seguire una dieta e fare un po’ di attività sportiva per perdere peso, proprio perché il rapporto che abbiamo col cibo è ben più complesso: il cibo è spesso qualcosa che ci fa compagnia quando siamo soli e che, a volte, può sfuggire al nostro controllo oppure può diventare colui che ci controlla: può diventare un’ossessione ed essere qualcosa a cui non riusciamo a non pensare.

Mangiare in modo compulsivo può essere sintomo di carenze affettive e di problematiche legate alla sfera emotiva. Il nostro benessere dipende da ciò che abbiamo dentro, e dai nostri vissuti. Rabbia, agitazione, tristezza, sono solo alcune delle emozioni che ci condizionano nel nostro rapporto col cibo. Se siamo arrabbiati ci si chiude lo stomaco, se siamo tristi magari si apre una voragine e mangeremmo fino al giorno dopo per poi sentirci in colpa. Oltre tutto è molto comune, quando subentra la tristezza, mangiare qualche dolce in più o qualche alimento non proprio “sano”. I cibi così detti “grassi” sono anche quelli più gustosi che scatenano nel nostro cervello una sensazione di piacere molto più intensa di un semplice piatto di verdure bollite. Mangiare il cioccolato, o una pizzetta o mettersi davanti alla tv con un pacco di patatine può colmare quel vuoto che sentiamo dentro, e che nessuno, neanche noi, riesce a riempire. Alcune persone, invece non riescono a mangiare in pubblico; altri non riescono a mangiare e basta. Lo stomaco si chiude. Il cibo viene vissuto come qualcosa di intrusivo, che disturba, che “riempie” e che dà fastidio perché “sporca”. Quindi, in modi diversi, ognuno di noi ha comunque un rapporto con la propria alimentazione soggettivo e personale.

Un buon rapporto col cibo, per cui, dipende da un buon rapporto con la nostra mente. Essere equilibrati nella psiche, aumenta la probabilità di percepire una maggiore sensazione di benessere fisico e, quindi, ci predispone ad alimentarci meglio e ad accettare la nostra immagine estetica senza troppi giudizi su noi stessi. Comprendere quali significati abbiamo dato agli alimenti, può essere il primo passo per allontanarsi da un rapporto col cibo poco sano e ritrovare il nostro benessere interiore. E’ necessario comprendere quali sono le emozioni che facciamo maggiormente fatica a gestire, e solo dopo un’accurata analisi delle carenze e delle difficoltà gestionali potremmo ritrovare il piacere della tavola, in compagnia o da soli, senza esagerare ed estremizzare. Il cibo è spesso solo la punta di un iceberg che nasconde difficoltà molto più profonde legate alla propria storia di vita.

E’ utile imparare a riconoscere i propri stati interni, ascoltare il nostro corpo, prendere contatto con le proprie emozioni e i propri bisogni. E’ fondamentale conoscere gli aspetti che non ci permettono di essere felici ed in armonia con noi stessi. Esplorare il proprio mondo interiore è un vero e proprio allenamento che va eseguito con costanza, interesse e amore per sè stessi.

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